giovedì 28 agosto 2014

Cicerone, De officiis (I doveri) 1,51 / 1,52 / 1,53 / 1,54 / 1,55

TESTO DI
Cicerone, De officiis (I doveri) 


[51] Ac latissime quidem patens hominibus inter ipsos, omnibus inter omnes societas haec est. In qua omnium rerum, quas ad communem hominum usum natura genuit, est servanda communitas, ut quae discripta sunt legibus et iure civili, haec ita teneantur, ut sit constitutum e quibus ipsis, cetera sic observentur, ut in Graecorum proverbio est, amicorum esse communia omnia. Omnium autem communia hominum videntur ea, quae sunt generis eius, quod ab Ennio positum in una re transferri in permultas potest:

   Homo, qui erranti comiter monstrat viam,
   Quasi lumen de suo lumine accendat, facit.
   Nihilo minus ipsi lucet, cum illi accenderit.
Una ex re satis praecipit, ut quidquid sine detrimento commodari possit, id tribuatur vel ignoto.
 51. Questa, dunque, è la più ampia forma di società che esista, in quanto comprende e unisce tutti gli uomini con tutti gli altri uomini: in essa, quei beni che le leggi e il diritto civile assegnano ai privati, siano dai privati tenuti e goduti come appunto dispongono le leggi; ma tutti quegli altri beni che la natura produce per il comune vantaggio degli uomini siano tenuti e goduti dagli uomini come patrimonio di tutti e di ciascuno, così come raccomanda il proverbio greco: " Gli amici hanno tutto in comune con gli amici". E comuni a tutti gli uomini sono evidentemente quei beni che appartengono a quel genere che, indicato da Ennio in un singolo esempio, può facilmente estendersi a moltissimi altri casi:
" L'uomo che mostra cortesemente la via a un viandante smarrito, fa come se dal suo lume accendesse un altro lume. La sua fiaccola non gli risplende meno, dopo che ha acceso quella dell'altro".
Con un solo ed unico esempio il poeta ci insegna che, quanto possiamo concedere senza nostro danno, tutto dobbiamo accordare anche a uno sconosciuto.

[52] Ex quo sunt illa communia: non prohibere aqua profluente, pati ab igne ignem capere, si qui velit, consilium fidele deliberanti dare, quae sunt iis utilia, qui accipiunt, danti non molesta. Quare et his utendum est et semper aliquid ad communem utilitatem afferendum. Sed quoniam copiae parvae singulorum sunt, eorum autem, qui his egeant, infinita est multitudo, vulgaris liberalitas referenda est ad illum Ennii finem "nihilominus ipsi lucet", ut facultas sit, qua in nostros simus liberales.
 52. Di qui le massime comuni: non impedir l'uso di un'acqua corrente; permetti che, chi vuole, accenda il suo fuoco dal tuo fuoco; dà un buon consiglio a chi è in dubbio; tutte cose che sono utili a chi le riceve, e che, a chi le dà, non sono affatto dannose. A queste massime, dunque, dobbiamo attenerci e, in più, portare sempre qualche contributo al bene comune. Ma, poiché i mezzi delle singole persone sono scarsi, e infinito è il numero dei bisognosi, questa liberalità aperta a tutti si restringa entro il limite posto da Ennio: "La sua fiaccola non gli risplende meno", sì che ci resti la possibilità di essere generosi verso i nostri cari.

[53] Gradus autem plures sunt societatis hominum. Ut enim ab illa infinita discedatur, proprior est eiusdem gentis, nationis, linguae, qua maxime homines coniunguntur. Interius etiam est eiusdem esse civitatis; multa enim sunt civibus inter se communia, forum, fana, porticus, viae, leges, iura, iudicia, suffragia, consuetudines praeterea et familiaritates multisque cum multis res rationesque contractae. Artior vero colligatio est societatis propinquorum; ab illa enim inmensa societate humani generis in exiguum angustumque concluditur.
 53. La società umana ha diversi gradi o forme. La società più ampia, dopo quella che non ha confini e di cui abbiamo già parlato, è quella che consiste nell'identità di nazione e di linguaggio, che è il vincolo più saldo che unisca gli uomini fra loro. Società più intima ancora è quella di appartenere alla stessa città: molte cose i cittadini hanno in comune fra loro, come il fòro, i templi, i portici, le strade, le leggi, i diritti, i tribunali, i suffragi; inoltre, la familiarità e le amicizie, i molteplici e scambievoli rapporti d'interessi e di affari. Ancora più stretto è il legame che avvince i membri di una stessa famiglia: la società umana, da quella forma universale e infinita, si restringe così a una cerchia piccola e angusta.

[54] Nam cum sit hoc natura commune animantium, ut habeant libidinem procreandi, prima societas in ipso coniugio est, proxima in liberis, deinde una domus, communia omnia; id autem est principium urbis et quasi seminarium rei publicae. Sequuntur fratrum coniunctiones, post consobrinorum sobrinorumque, qui cum una domo iam capi non possint, in alias domos tamquam in colonias exeunt. Sequuntur conubia et affinitates ex quibus etiam plures propinqui; quae propagatio et suboles origo est rerum publicarum. Sanguinis autem coniunctio et benivolentia devincit homines [et] caritate.
 54. In verità, tutti gli esseri viventi tendono per naturale istinto alla procreazione, e perciò la prima forma di società si attua nell'accoppiamento sessuale; la seconda, nella prole, e quindi nell'unità della casa e nella comunanza di tutti i beni. Ed è questo il primo principio della città e, direi quasi, il semenzaio dello Stato. Seguono le unioni tra fratelli e sorelle, poi tra cugini e biscugini, i quali, quando una sola casa non può più contenerli escono a fondar nuove case, quasi come colonie. Seguono i matrimoni , le affinità , per cui si moltiplicano le parentele; e in questo propagarsi e pullulare della prole è appunto l'origine degli Stati. 

[55] Magnum est enim eadem habere monumenta maiorum, eisdem uti sacris, sepulchra habere communia. Sed omnium societatum nulla praestantior est, nulla firmior, quam cum viri boni moribus similes sunt familiaritate coniuncti; illud enim honestum, quod saepe dicimus, etiam si in alio cernimus, [tamen] nos movet atque illi in quo id inesse videtur amicos facit.]
 55. Or bene, la comunanza del sangue lega gli uomini con la benevolenza e l'amore: è davvero una gran cosa avere le stesse mernorie degli avi, compiere gli stessi riti sacri, avere in comune i sepolcri. [Ma fra tutte le forme di società, la più nobile e la più salda è quella che nasce quando uomini virtuosi, affini per carattere, si stringono fra loro di sincera e profonda amicizia. Perché quell'onestà, di cui parlo spesso, ha un potere tale che, se la scorgiamo anche in altri, allora ci tocca il cuore, e ci rende amici di colui nel quale crediamo di trovarla

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