TESTO DI
Cicerone, De officiis (I doveri)
[56] Et quamquam omnis virtus nos ad se allicit facitque, ut eos
diligamus, in quibus ipsa inesse videatur, tamen iustitia et liberalitas
id maxime efficit. Nihil autem est amabilius nec copulatius, quam morum
similitudo bonorum; in quibus enim eadem studia sunt, eaedem
voluntates, in iis fit, ut aeque quisque altero delectetur ac se ipso,
efficiturque id, quod Pythagoras vult in amicitia, ut unus fiat ex
pluribus. Magna etiam illa communitas est, quae conficitur ex beneficiis
ultro et citro datis acceptis, quae et mutua et grata dum sunt, inter
quos ea sunt firma devinciuntur societate.
56. E benché ogni virtù ci attragga a sé e ci faccia amare coloro nei quali sembra che essa risieda, tuttavia la giustizia e la liberalità sono quelle che producono più specialmente questo effetto. [E niente è più atto a destare amore e a stringere i cuori che la somiglianza dei costumi nelle persone dabbene: quando due uomini hanno gli stessi interessi e le stesse aspirazioni, allora avviene che ciascuno dei due ami l'altro come se stesso, e si avvera quello che Pitagora vuole nell'amicizia, che, cioè, di più anime si faccia un'anima sola]. Grande è ancora quella unione che nasce da vicendevole scambio di benefici: finché questi sono reciproci e graditi, una salda alleanza lega tra loro benefattori e beneficati.
[57] Sed cum omnia ratione animoque lustraris, omnium societatum nulla
est gravior, nulla carior quam ea, quae cum re publica est uni cuique
nostrum. Cari sunt parentes, cari liberi, propinqui, familiares, sed
omnes omnium caritates patria una complexa est, pro qua quis bonus
dubitet mortem oppetere, si ei sit profuturus? Quo est detestabilior
istorum immanitas, qui lacerarunt omni scelere patriam et in ea funditus
delenda occupati et sunt et fuerunt.
57. Ma quando avrai ben considerato ogni cosa con la mente e col cuore, vedrai che fra tutte le forme di società la più importante e la più cara è quella che lega ciascuno di noi allo Stato. Cari sono i genitori, cari i figliuoli, cari i parenti e gli amici; ma la patria da sola comprende in sé tutti gli affetti di tutti. E quale buon cittadino esiterebbe ad affrontare la morte per lei, se il suo sacrifizio dovesse giovarle? Tanto più escerabile, dunque, è la crudeltà di codesti facinorosi che, con ogni sorta di scelleratezze, fecero strazio della loro patria, e a nient'altro furono e sono intenti che a distruggerla dalle fondamenta.
[58] Sed si contentio quaedam et comparatio fiat, quibus plurimum
tribuendum sit officii, principes sint patria et parentes, quorum
beneficiis maximis obligati sumus proximi liberi totaque domus, quae
spectat in nos solos neque aliud ullum potest habere perfugium, deinceps
bene convenientes propinqui, quibuscum communis etiam fortuna plerumque
est. Quamobrem necessaria praesidia vitae debentur his maxime quos ante
dixi, vita autem victusque communis, consilia, sermones, cohortationes,
consolationes, interdum etiam obiurgationes in amicitiis vigent maxime,
estque ea iucundissima amicitia, quam similitudo morum coniugavit.
58. Ma, se si vuole fare una gara e un confronto per sapere a chi dobbiamo rendere maggior ossequio, abbiano il primo posto la patria e i genitori, ai quali noi dobbiamo i più grandi benefici; vengano subito dopo i figliuoli e tutta la famiglia, che tiene fisso lo sguardo in noi soli e in noi soli trova il suo unico rifugio; seguano poi i parenti che sono in buona armonia con noi, i parenti coi quali noi abbiamo per lo più in comune anche la sorte. Perciò gli aiuti necessari alla vita si devono principalmente a questi che ho nominato; ma la comunanza e l'intimità del vivere, i consigli, i discorsi, le esortazioni, i conforti, talora anche i rimproveri, hanno il loro massimo valore nell'amicizia, e amicizia dolcissima è quella originata dall'affinità di carattere.
[59] Sed in his omnibus officiis tribuendis videndum erit, quid cuique
maxime necesse sit et quid quisque vel sine nobis aut possit consequi
aut non possit. Ita non idem erunt necessitudinum gradus qui temporum,
suntque officia, quae aliis magis quam aliis debeantur, ut vicinum
citius adiuveris in fructibus percipiendis quam aut fratrem aut
familiarem, at, si lis in iudicio sit, propinquum potius et amicum quam
vicinum defenderis. Haec igitur et talia circumspicienda sunt in omni
officio [et consuetudo exercitatioque capienda], ut boni ratiocinatores
officiorum esse possimus et addendo deducendoque videre, quae reliqui
summa fiat, ex quo quantum cuique debeatur intellegas.
59. Ma, nell'adempimento di tutti questi doveri, dobbiamo guardare a ciò di cui ciascuno ha maggior bisogno, e a ciò che ciascuno anche senza di noi può o non può conseguire. Così non sempre ai gradi degli obblighi sociali corrispondono quelli delle circostanze, e ci son certi servigi che è doveroso prestare ad alcuni piuttosto che ad altri. Così, per esempio, nel tempo della raccolta, aiuterai più sollecitamente il vicino che non il fratello o l'amico; per contro, se si discute una lite in tribunale, difenderai il parente o l'amico piuttosto che il vicino. [Queste e altre simili considerazioni si debbono fare in ogni sorta di beneficenza, e si deve acquistar molta pratica, per diventar buoni calcolatori dei doveri, e vedere, sommando e sottraendo, quale ne sia il residuo, onde comprendere l'entità del nostro debito verso ciascuno].
[60] Sed ut nec medici nec imperatores nec oratores quamvis artis
praecepta perceperint, quicquam magna laude dignum sine usu et
exercitatione consequi possunt, sic officii conservandi praecepta
traduntur illa quidem, ut facimus ipsi, sed rei magnitudo usum quoque
exercitationemque desiderat. Atque ab iis rebus, quae sunt in iure
societatis humanae, quemadmodum ducatur honestum, ex quo aptum est
officium, satis fere diximus.
60. Ancora. Come i medici, i generali, gli oratori, pur avendo bene appreso le regole teoriche, non possono conseguir nulla che meriti gran lode senza l'esperienza e la pratica, così, regole e precetti sulla rigorosa osservanza dei doveri, se ne impartiscono, come appunto sto facendo io, ma la vastità e la varietà della cosa richiedono anche esperienza e pratica. E così credo d'aver chiarito abbastanza in che modo, da quei principi che si fondano sul diritto dell'umana convivenza, derivi l'onestà, da cui dipende a sua volta il dovere.
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